A casa di Lewis senza Lewis

Intervista al segretario di C.S.Lewis.

Lesse tutte le opere di Lewis, gli scrisse e andò a conoscerlo diventando amici. Poi la conversione dall'anglicanesimo al cattolicesimo. Anche grazie allo scrittore irlandese Walter Hooper, 74 anni, americano, risiede a Oxford dal 1963, da quando Lewis lo volle come suo segretario. Alla morte dello scrittore è diventato il principale biografo e curatore delle sue opere.

Ci racconti come è nato il rapporto con Lewis. Prima semplice lettore, poi corrispondente epistolare e infine caro amico e collaboratore.

Vivevo nel North Carolina, terminata l'università mi arruolai nell'esercito e mi portai dietro il mio primo libro di Lewis: Miracoli. Scoprii lo scrittore più fine in cui mi sia mai imbattuto, profondo e chiaro (di solito uno esclude laltro!). Così mi immersi nella lettura di tutte le sue opere. Nel 54 mi decisi a scrivergli. Lo ringraziai per i suoi scritti, perché mi facevano crescere come cristiano. Da quel momento nacque un folta corrispondenza, che culminò nell'incontro personale avvenuto nel giugno del 1963. Mi chiese di andarlo a trovare a Oxford. Mi ero immaginato un incontro formale e fugace; invece lui superò di gran lunga la bellezza dei suoi libri; Lewis aveva la capacità di farti sentire grande quando in realtà eri piccolo, percepivi una stima che ti metteva a tuo agio: capivi che lui si aspettava sempre qualcosa da chi aveva di fronte. Mi invitò parecchie altre volte in quell'estate. Prendevamo il tè insieme, oppure una birra al pub, la domenica andavamo in chiesa. Mi chiese di partecipare al circolo degli Inklings come uditore. Dopo un certo periodo mi disse che aveva bisogno di un segretario: suo fratello, che lo aveva aiutato fino a quel momento, ora aveva gravi problemi di alcolismo. Mi chiese di rinunciare al mio lavoro di docente negli Stati Uniti, passammo quell'estate a fare progetti su come impostare il lavoro; poi partii alla volta del Kentucky dove avrei insegnato lultimo trimestre prima di trasferirmi definitivamente ad Oxford. Ma il 22 novembre fui raggiunto dalla notizia della sua morte. Dopo giorni di smarrimento, tutti gli amici di Lewis mi convinsero a continuare il mio lavoro ugualmente. E così mi ritrovai a vivere nella casa di Lewis, senza Lewis. E negli ultimi quarantanni mi sono dedicato a pubblicare e promuovere tutto il suo lascito letterario.

Lei era anglicano ed è diventato cattolico. Come è avvenuta la sua conversione? Lewis, che era anglicano, lha aiutata in questo passaggio? È curioso il fatto che anche Thomas Howard (tra i massimi esperti di Lewis) abbia abbandonato la Chiesa evangelica per approdare al cattolicesimo. Cè forse qualcosa di cattolico in Lewis?

Passai alla Chiesa cattolica nel 1988, dopo decenni di lungo travaglio. Convertirsi dall'anglicanesimo al cattolicesimo, in terra anglosassone, ti crea un sacco di problemi. Infatti persi tutti gli amici. Saggiamente il Vescovo a cui mi ero rivolto mi è aveva consigliato di farlo negli Stati Uniti, dove il clima culturale era diverso. E così feci. Finalmente mi sentii felice, accolto. La solitudine che da sempre avvertivo cominciava a dissolversi. Dopo anni di tentativi di salvare la Chiesa dInghilterra, avevo deciso di permettere che la Chiesa cattolica salvasse me. Sì, perché nella Chiesa anglicana di quegli anni vedevo una grande confusione: negli anni 60 cera stato il Sinodo dove veniva messa ai voti la dottrina della Chiesa (e in questo modo si voleva affrontare anche lordinazione delle donne). Il clero stesso aveva perso la sua fede dogmatica, e questo è diventato evidente quando un paio di anni fa la rivista Spectator ha intervistato molti vescovi: non ce nè stato uno che ha dichiarato di credere nella resurrezione. Lewis, nel saggio Il cristianesimo così comè, descriveva il cuore della fede, senza porre laccento sulle varie differenze, ma valorizzando il patrimonio comune. Ma mi rendevo sempre più conto che gli unici a credere e a capire ciò che Lewis dice in questo libro erano i cattolici. Le cose avevano raggiunto uno stadio tale che quasi tutto ciò che Lewis difendeva lo si poteva trovare soltanto nella Chiesa di Roma. Per Lewis Cristo era un fatto: «Cristo è sì un mito, ma un mito realmente accaduto» afferma in una lettera. Per lui lincarnazione, la resurrezione, i miracoli, gli angeli, il diavolo, linferno e il paradiso erano veri, realmente esistenti. Mi ricordo una volta, mentre ero a casa con lui, mi disse. «Povero Lazzaro, è dovuto morire due volte!». Io pensavo che parlasse di un parente, o di un vicino di casa, poi ho chiesto: «Ma stai parlando del Lazzaro della Bibbia?». «Certo! Ma guarda che lui non sapeva di essere biblico!». Lewis aveva una confidenza, una certezza rispetto ai contenuti della fede esattamente come quella degli apostoli. Anche laccusa di Lewis al relativismo in campo etico è qualcosa che sento fortemente nella Chiesa cattolica. In Il veleno del soggettivismo scrive: «Se non viene posto uno standard immutabile il progresso è impossibile, se il bene è un punto fisso almeno è possibile avvicinarci sempre più ad esso, ma se il terminale è tanto mobile quanto il treno, come è possibile che il treno possa avvicinarsi sempre più a questo punto terminale?».

A Natale uscirà nelle sale italiane Le cronache di Narnia, film tratto dal romanzo fantasy di Lewis. Come avvicinarsi a questo genere cinematografico/letterario, tenendo presente le preoccupazioni dell'autore?

Lewis ha fatto uno sforzo di immaginazione, ha usato la fantasia per descrivere qualcosa di reale. Ha creato questa terra di Narnia e ha supposto che, così come il figlio di Dio è diventato uomo nel nostro mondo, diventi leone in quella terra fantastica e ha immaginato cosa sarebbe potuto succedere. Nellintento di Lewis cera il desiderio di far conoscere la bellezza e il fascino del cristianesimo ai più piccoli. Non dobbiamo avere un approccio problematico. Lasciamo che la storia nel suo svolgersi semplicemente faccia accadere gli eventi, e allora ci scopriremo commossi. Occorre guardare questa favola da unangolazione diversa, senza prepararsi dicendosi: «Ok, sto per guardare un film che è una metafora religiosa, cristiana». Una illustratrice di unedizione di questi racconti, mentre dipingeva il leone Aslan, sanguinante e moribondo, scoppiò a piangere e capì che il motivo per cui si commuoveva era che Aslan, che aveva sacrificato la vita per la salvezza dei suoi piccoli amici, le aveva ricordato Cristo. Secondo me, Lewis ha fatto una cosa profondamente originale: ha sviluppato la dottrina cristiana nel suo mondo immaginario. E sinceramente mi è difficile trovare qualche dicotomia tra la fantasia di Lewis e ciò che è realmente accaduto.

da Tracce n. 11, dicembre 2005