Mozart, ovvero esse e(s)t percipi
la magia infantile del grande musicista
Lorenzo Fornasieri
Vuoi suonare Mozart? è tutto così “scoperto”, brillante nella struttura, che devi possedere una grandissima tecnica. Nel caso del pianoforte, ad esempio, non si può coprire con il pedale e creare risonanze e aure mistiche miscelanti gli armonici: la struttura, là dove non c'è una nota di troppo né una di meno, coincide con l'esplosione sintetica (accordo) o la rapida successione di una divisione sempre perfetta, diremmo pitagorica: a numeri interi non irrazionali.
Essendo sempre un animo fanciullo, Mozart non intende nascondere: tutto rende visibile, anche le profondità in-dicibili, in-suonabili del Mistero. Le rende visibili e, come accorto pedagogo, porga noi forme dilettevoli che “delectant animam” , in cui quasi in un gioco, possiamo bearci, fruire, abbeverarci al seno della Bellezza, al latte purissimo che da essa sgorga, zampilla perenne.
Vengono alla mente pitture nelle quali il Divin Bambino, in seno alla Madre, regge in mano il mondo, quasi pallina da gioco…
Questa infantilità deve essere da noi accettata come Via per comprendere Mozart, il quale suonava dapprima sulla spinetta ma la trascendeva anticipando il pianoforte che portò a perfezione il tocco percussivo dotandolo di gamme infinite. Certo ci furono le grandi lezioni di J. Christian Bach nella sua attività in Inghilterra; ci sarà subito dopo la magistrale lezione di Muzio Clementi con cui Mozart ebbe una celebre competizione nel gennaio 1782. Clementi si addentrerà nel panismo forse più di tutti, e aprirà una fabbrica di pianoforti, fatto molto significativo, perché non puramente commerciale, di questa dilezione dello strumento. Rimane che le composizioni per tastiera di Mozart erano già pienamente pianistiche, tanto da risultare perfette sui pianoforti del Novecento. Oggi la musica è ancora più brillante dopo l' assestamento del La a 440 vibrazioni che fino agli anni Trenta si trovava a 436: le intonazioni sono più tese: si vorrebbe arrivare a 444…
Ebbene, se ripensiamo alla fenomenologia della musica aiutandoci con le osservazioni del grandissimo S. Agostino, questi (nel De Musica, appunto, ma anche nel De Quantitate Anime) distinguo cinque serie di numeri connotanti il suono insistendo sul fatto che “all'anima nulla sfugge di quello che sente il corpo”(“non latere animam quod patitur corpus, passio corporis per se ipsam non latens animam”)1.
Dunque l'anima: se la musica giunge alle più intime pieghe dell'anima, Mozart ti spiega la tua anima, aprendoti, spiegandoti davanti la tavolozza della sua anima. è un congiungimento beato fra la tua e la sua anima baciata da Dio. Dio datore della musica: anche per i Greci erano divine le Muse…
Se vogliamo suonare (udire, ascoltare) Mozart, pensiamo all'anima di un bambino, accarezzata, nutrita, lavata, accudita, baciata dalla mamma. La mamma bacia, accarezza, nutre, lava il corpo del suo bambino: che coincide con l'anima. La mamma mentre fa questo ha presente il nome del bambino: pensiamo alle ninne-nanne: può una madre cantare genericamente? O canta al suo Unico?
Ne viene che qui formale (anima) e materiale (corpo) vengono a coincidere. Premere una corda di violino o un tasto di pianoforte, in Mozart, significa colorare, fraseggiare, facendo dolcemente gravare l'anima sul dito che suscita il suono. Come le corde vocali da un contenuto inciso sul granito elevano a canto le parole con un accento (ad-cantus) che è l'esultare (saltare: ex- salio) dell'anima in sinu patris. Dal mio seno al seno del Padre; l'immagine è biblica; la parola cantata, l'invocativo, la poesia, sono il germe della parola, prima di ogni prosa: prima della prosa nasce ovunque la poesia. Basterebbe qui riandare il Laudate Dominum della Messa dell' Incoronazione o all' insuperabile Et incarnatus est della Grande Messa in Do minore K 427.E, vertice fra tutti gli strumenti dell' orchestra già preparata da Haydn, si eleva l' umile e altissima voce della Vergine. Il vertice dell' ascolto di Mozart è anche per lui possibile solo nel canto della Parola, sia la parola umana echeggiante sempre dalla Parola divina ( le parole umane del don Giovanni, de il flauto magico) sia nel parlare parole di Dio: le parole della grande liturgia o l' invocazione estrema del Requiem, là dove l' uomo come Giobbe, ridotto all' estremo sembra balbettare (il balbettare è del bambino) le parole del Crocifisso.
In Mozart dunque la musica si presenta come una realtà umano-divina, un incontro cioè tra la Perfezione, i nostri regni matematici, la nostra percezione corporea e il Verum Corpus che è già Trasfigurazione: l ‘Ave Verum era un inno eucaristico: è come se al dettato divino mozart rispondesse con l' unica parola che l' uomo può pronunciare: amen.
Se un suono è l ‘infinito campo sonoro ( che equivale a un silenzio disordinato)che si determina per il mio percepire la mia anima che, dilettandosi, prende (apprende quel suono e lo distingue nei timbri e ne gode delle intensità, qui abbiamo l' infinita varietà dei colori della tavolozza divina atta a creare l' aspetto colorato del mondo che emerge dal buio e dall' indefinito ( cfr. Gen.I,1) che si dispiega e si piega benevolmente verso l' uomo donandogli visioni di mondi infiniti e beati in Dio: E Dio vide che ciò era molto buono. Amen, risponde Mozart.
La musica è dunque una consegna a Mozart (e a noi con lui) della creazione anche nel suo dramma di Redenzione.
Certe quinte diminuite calcate sugli archi in ritmi spasmodici, ripetuti, battuti, ribattuti come nel Kyrie e nel “ Qui tollis peccata mundi” della Messa in do minore indicano la drammatica della Nuova Creazione. Non fu risparmiata a Mozart,il sublime, questa estrema “umiliazione”: fu dunque humus, su cui guardò la creatività del Creatore: analogamente al respecsit humilitatem ancillae suae. Qui Dio costruì la cattedrale della musica sull'umile terra, disposta a questo.
Ma perché Mozart bambino leggeva a prima vista, suonando magnificamente con la sorella, anch'essa così dotata, non sbagliando mai, quasi avendo già scritta in sé la partitura?
Perché la musica formale ( e nel temperamento di Bach) sembra scritta nel cuore e nella natura?
Perché la radice dodicesima di due e i rapporti tra i dodici semitoni non sono più matematica ma percezione dell'anima nostra e sua? C'è una musica assoluta o qui abbiamo toccato l'assoluto della musica pur nella povertà materiale di strumenti imperfetti ( pensiamo ai poveri ottoni del Settecento, legni, crini, budelli)? Perché ascoltare è un accadere, è un momento di tempo, ma l'Eterno entra in quel momento? La scintilla divina in noi: Freude Gotterfunken…
Beethoven era sempre commosso quando guardava una stampa da lui acquistata di A. Vigneron, raffigurante il funerale del povero. Gli ricordava le tristi esequie di Mozart: un carro funebre entra nel cimitero: uniche presenze il cavallo, il cocchiere, e un cane che segue il feretro. Mozart si era disciolto tutto nell'anima per cui il suo corpo, entrando nell'Eliso, si trasfigurava.
Freude…aus Elysium.
¹ S. Agostino, De Quantitate Animae, XXV, 48
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