Lewis e il Male, un passo oltre Tolkien

CORRIERE DELLA SERA, 12 dic 2005

La fantasy dello scrittore, cristiano ma affascinato dal «lato oscuro»

Esiste un solo, inarrivabile principe della fantasy, chiamato JRR Tolkien. Ma oltre i confini del Signore degli anelli, come sanno bene gli amanti del genere, incomincia un altro territorio speciale abitato da Clive Staples Lewis: è lui il continuatore naturale dei miti eroici in cui Bene e Male si confrontano per il possesso delle anime. Se le fiabe animalesche delle Cronache di Narnia inventate da Lewis saranno un successo pari a quello ottenuto dalla saga tolkeniana di Frodo e compagni, lo diranno gli incassi del film natalizio di Andrew Adamson, e le vendite della omonima, fluviale saga, edita da Mondadori. Romanzo e pellicola dovrebbero espugnare facilmente i cuori di bambini e simpatizzanti del genere fantastico; resta invece il problema del rapporto di Lewis con il pubblico adulto, qualcosa che ha a che fare con la sua personalità, più tormentata di quella di Tolkien. Tutti e due gli scrittori facevano parte della celebre compagnia, gli Inklings , ovvero gli imbrattacarte, un club di eccentrici professori inglesi innamorati delle saghe iperboree.

Sia Tolkien che Lewis si erano convertiti al cattolicesimo, ed entrambi erano arrivati alla conclusione che i miti dell'antichità, e il gusto di riproporli attraverso nuove storie immaginifiche, permettessero di attingere alla fonte spirituale originaria. Per cui, se la Bibbia è ispirata da Dio, anche Sigfrido e Lancillotto, il martello di Thor e la bacchetta di mago Merlino riflettono un bagliore della scintilla divina. La particolarità di Lewis riguarda invece il rapporto con il Male. Diversamente da Tolkien, che nel Signore degli anelli incarna il lato oscuro del mondo in un dittatore-mago e nel suo esercito, Lewis ambisce a descrivere il Nemico dall'interno, denunciando in tal modo l'oscura attrazione che prova per esso.

Questa attitudine contraddittoria risalta nella breve raccolta di racconti inediti intitolata Prima che faccia notte , edita nella Bur. Qui il tema dei racconti è l'incapacità moderna di vedere le cose come sono in realtà, a causa della superbia intellettuale dominante: un uomo nato cieco riacquista la vista per inseguire sino alla morte un'idea di luce; un professore entra casualmente in una mente femminile per scoprirvi non meraviglie segrete, ma algida miopia; il prode Menelao dopo la conquista di Troia si rifiuta di ammettere che la sua matrona rotondetta sia proprio la superba Elena. Dietro simili fantasie, apparentemente innocue, si coglie come attraverso un lontano brontolìo il respiro maligno del principe delle tenebre. Lewis non ricorre a lampi e visioni, piuttosto fa sprofondare i succubi in un baratro di abbruttimento, sporcizia, egoismo e inganno. L'orribile forza che Lewis denuncia e combatte, con la veemenza di un predicatore medievale e di un cristiano convertito, lascia nel lettore un'inquietudine da cui non riuscirà a liberarsi tanto in fretta.

Abbiamo ricevuto, e pubblichiamo, una lettera di uno studente di Lettere moderne a Catania, più che di contestazione, di precisazione su quella che a lui è parsa una eccessiva accentuazione della esteriorità del male in Tolkien, in questo articolo di Fertilio.